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L'eremo di Sant'Alberto di Butrio 

Un piccolo eremo di antica potenza, caduto in rovina e recuperato, immerso fra le boscose colline dell’Oltrepò Pavese, che riserva più di una sorpresa… 

La primavera è una stagione fantastica, con le sue giornate che alternano cieli limpidi ad acquazzoni, a vento, a pioggerelle leggere. Ogni tanto ci lamentiamo per le temperature altalenanti (non si sa mai cosa mettersi, vero?) ma in cambio questa alternanza meteo ci regala cieli, luci e colori veramente interessanti da fotografare.

Una domenica di fine di aprile approfittiamo di una delle giornate limpide per zonzeggiare a due passi da Oltrella e visitare il luogo forse più interessante di tutto l’Oltrepò Pavese, l’Abbazia di Sant’Alberto di Butrio.

Godersi il viaggio

L’Abbazia in realtà è un antico eremo e dista solo pochi chilometri da Oltrella. Per goderci la giornata di sole allunghiamo un pochino l’itinerario, scendendo sulla SS461 e percorrendola per un breve tratto, fino al centro di Ponte Nizza. Da qui, all’altezza del minimarket dei F.lli Rossi (punto di riferimento in zona per gli alimentari tipici e di qualità) voltiamo a destra imboccando la SP 7 della Val di Nizza.

La provinciale sale lievemente in un panorama aperto e verdissimo. All’altezza di Casa Minchino superiamo l’Osteria La Piola. Dopo circa 2,5 Km abbandoniamo la SP 7 seguendo la segnaletica per S. Alberto / Pizzocorno. La strada si fa più stretta e sale ai fianchi della collina, fra prati, vigneti e frutteti, che presto lasciano il posto ai boschi di castagno. A un tratto sulla sinistra ci sorprende la vista del paese di Moglie, che da qui appare quasi scolpito nel fianco della collina.

La limpida giornata ci regala colori saturi che mettono di buon umore. Proseguiamo immersi nel verde dei boschi. Niente paura però, anche nel nostro girovagare la segnaletica per Sant’Alberto è sempre presente.

Sfioriamo Pizzocorno, superiamo la Fattoria Oranami con i suoi prodotti biologici, usciamo dal paese sempre in direzione S.Alberto e, dopo qualche bivio e alcuni chilometri riusciamo a intravedere il profilo dell’Abbazia sulla sinistra, tra il verde del bosco. Siamo arrivati.

Nei pressi dell’Abbazia si parcheggia agevolmente. Lasciamo l’auto e notiamo che un lato del parcheggio è affiancato da un’area ombreggiata con tavoli e panche di legno, ideale per una merenda al sacco. L’arredo semplice ci ispira un’idea per il futuro: allestire un biergarten con vista sulla valle… continuiamo a sognare mentre il nostro bel casale è ancora work in progress!

Visitare l’Abbazia

Lo spiazzo antistante l’Abbazia è dominato dalla torre campanaria, massiccia e quadrata, alla destra della quale è addossato l’edificio, con portico a colonne, da cui si accede all’interno.

Scendendo pochi gradini ci troviamo direttamente in una chiesa (S. Antonio), un quadrilatero con pilastro centrale, di dimensioni modeste ma completamente affrescata. Gli affreschi quattrocenteschi sono in uno stile semplice, privo di fronzoli, lontanissimo dalla pomposità delle opere sacre dei grandi maestri e adatto all’ambiente rurale nel quale è immersa l’Abbazia. Ci piace molto.

Sulla sinistra vi è una seconda, piccola chiesa (S. Maria, la più antica), le cui pareti in pietra a vista hanno perso ogni decorazione. Solo una vetrata la separa dalla prima chiesa affrescata.

Dalle prime due chiese si accede, attraversando una porta, a ciò che sembra un breve corridoio ma in realtà è la terza chiesa del complesso, intitolata a Sant’Alberto. Nella chiesa, parzialmente affrescata, è stato rinvenuto il sepolcro del Santo (segnalato dietro l’altare) e in una teca sono conservate le sue reliquie.

Nel corridoio-chiesa si apre un passaggio sulla destra che conduce, scendendo pochi gradini, a ciò che rimane del chiostro originale: un loggiato ombroso e piacevole, adorno di piante e fiori. Salendo al piano superiore si accede invece allo storico alloggio ove dimorò uno dei protagonisti della rinascita spirituale dell’Abbazia, Frate Ave Maria.

Una tomba VIP

Nel loggiato, sotto un’arcata a fianco della scala appena discesa, si trova una tomba scavata nella roccia, ove secondo la tradizione locale venne sepolto nientemeno che Edoardo II re d’Inghilterra. Una targa spiega che la tradizione ha trovato riscontri in documenti e corrispondenza dell’epoca e che il re, che la storia ufficiale vuole morto in Inghilterra per ordine della moglie, riuscì in realtà a fuggire e, dopo aver attraversato mezza Europa venne accolto in questo eremo dove visse gli ultimi anni della sua vita.

Il gruppo di ricerca italo-britannico che vorrebbe riscrivere la storia d’Inghilterra sta ovviamente incontrando non pochi ostacoli presso gli storici britannici ufficiali… ovviamente la vicenda ci intriga parecchio e cercheremo di saperne di più.

Panorami per intenditori

Dal loggiato si accede al giardino, in origine parte del chiostro, pieno di rose in boccio, iris e altri mille fiori colorati. Dal giardino si accede alla moderna terrazza panoramica che sovrasta gli alloggi monastici. In questi luoghi di pace e quiete si può passeggiare e sostare, spaziando con la vista sulle colline della Val di Nizza e della Valle Staffora, e in giornate limpide fino alle Alpi. Oppure, più in basso, si può sbirciare l’orto e le arnie da cui gli eremiti ottengono miele, essenze, cosmetici e medicinali naturali venduti nel negozio dell’Abbazia.

Il negozio si raggiunge sempre dal loggiato ed è segnalato dalla targa “RICORDINI”. L’uso di questa parola così desueta ci fa sorridere di tenerezza. Chi mai usa ancora la parola Ricordini per un negozio di souvenir?

Naturalmente non ci perdiamo un giro nel negozietto. Uno dei due frati al banco è intento a confezionare un centrino all’uncinetto. Noi curiosiamo tra gli scaffali e, tra unguenti e tisane, scegliamo una saponetta naturale profumata di menta, che non vediamo l’ora di provare.

Dalle chiese al chiostro al giardino, perfino nel negozio dei ricordini, l’aura di silenzio e pace è palpabile ovunque. La pietra e la composizione articolata degli edifici rivela l’antichità dell’Abbazia (risale all’XI secolo!) e incute rispetto. L’Abbazia ha avuto grande prestigio per tutto il medioevo ma venne abbandonata per ben 3 secoli, per poi tornare a vivere nel XX secolo. Siamo grati a quei mecenati che, dopo secoli di abbandono, hanno voluto salvare una simile bellezza dai danni del tempo. In questo caso il nostro mecenate si chiama Don Orione, che viene ricordato e omaggiato in vari punti dell’Abbazia.

Approfondimenti

l’Abbazia di Sant’Alberto di Butrio è tra i pochi monumenti dell’Oltrepò Pavese degni di una (succinta) menzione nelle guide del Touring Club. Al di là dell’interesse artistico l’eremo è un vero gioiellino raccomandato anche ai milanesi in gita fuori porta.

Per saperne di più, oltre al sito ufficiale dell’eremo e alla voce corrispondente su Wikipedia vi segnaliamo:

Alessandro Disperati – L’Eremo di Sant’Alberto di Butrio – Primula Editore (in vendita nel negozio dell’abbazia)

Inoltre vi riportiamo, qui di seguito, la succinta descrizione tratta dalla Guida Verde del TCI, Vol. Lombardia:

L’abbazia di Sant’alberto di Butrio, […] m. 682, un tempo famosa e potente e oggi suggestiva testimonianza dello spirito monastico medievale. Fondata dall’eremita Alberto e dei Malaspina nel secolo XI, già ricordata nel 1073 in una bolla di Gregorio VII, raggiunse il massimo splendore nei secoli XII – XIV, ma già intorno alla metà del sec. XV si ridusse a una commenda, per essere infine soppressa nel 1810. E’ preceduta da una possente torre quadrata, resto di una cinta fortificata, alla quale si appoggia la sagrestia che si innesta sul complesso costituito da due chiese: S. Antonio, con al centro un pilastro affrescato del 1484, e S. Maria, la più piccola, affiancate da una terza chiesa dedicata a S. Alberto. Quest’ultima contiene le reliquie del santo e alcuni affreschi del ‘400 che esprimono intensa riligiosit popolare; tra questi: Vergine, santi e Bertramino Malaspina, il miracolo di S. Alberto alla corte papale, Ritratto di imperatore (forse Sigismondo di Lussemburgo, 1433-37). Oltre la chiesa si scende ai resti del chiostro (sec. XIV) e del porticato che conduceva al monastero.

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